Le recensioni dei compratori di sesso sono la prova della disumanizzazione delle donne prostituite

Puoi recensire un ristorante, un centro benessere, un cinema. Nella recensione puoi anche parlare dei dipendenti che ti hanno reso i servizi richiesti, purché tu non li offenda o faccia commenti sul loro aspetto fisico. Hai il diritto di far notare la mancanza di professionalità nel caso in cui si comportino male o non soddisfino il servizio richiesto, ovviamente sempre senza offendere. Ma se nella recensione ti lasci andare a commenti “piccanti” sull’aspetto fisico di una dipendente, esprimendoti con epiteti del tipo “troia“e “puttana“, la persona offesa può denunciarti, perché hai usato un linguaggio misogino e discriminatorio, nonché infamante e lesivo alla sua immagine. Lo slut-shaming, ovvero l’azione di far sentire una donna colpevole per aver compiuto atti sessuali, è violenza contro le donne. Infatti nessun uomo viene insultato con i classici appellativi maschilisti, quindi è doveroso mettere di fronte alle proprie responsabilità chiunque faccia slut-shaming a una donna.

Nel commercio sessuale, le offese misogine sono una prassi. Quando una persona coinvolta nell’industria pornografica afferma che al suo interno vige il rispetto per le donne, mente spudoratamente. Per esempio, questi sono alcuni titoli di film porno trovati in rete:
Con o senza mascherina siamo troie più di prima
Moglie + troia.
Madre e puttana.
Vere cagne in calore.
La povera casalinga in mezzo alle zoccole.
Sono proprio zoccola!

Vediamo invece come gli iscritti ai vari siti porno intitolano i video che caricano ogni giorno:
Bionda troia scopata in culo forte da italiano su terrazzo.
– Una favolosa troia scopata in ogni modo.
– Bellissima troia scopata senza tregua.
– Mammina troia scopa come una maiala con il migliore amico del figlio.
– Domestica troia scopata e inculata come si deve.
– Ragazza troia scopata al bar.
– Bellissima troia scopata da un amico.
– Valentina, troia da marciapiede che scopa come una pornodiva.


La digressione serve a far capire che nell’industria del sesso non esiste rispetto verso le donne, e che quindi non può essere un settore del mondo del lavoro, considerato che le offese misogine e lo slut-shaming sono all’ordine del giorno. Questo avviene anche nella prostituzione. Se andate a cercare recensioni sui siti come GnoccaTravels, vi renderete conto di come quel linguaggio misogino e quella spaventosa riduzione a oggetto sessuale ai danni delle donne costituiscano i capisaldi dell’industria pornografica e del sistema prostituente.
A differenza delle lavoratrici, le donne coinvolte nel commercio sessuale vengono insultate dai compratori, dagli attori maschi, dai pornografi e dagli utenti che bazzicano sui forum; vengono dileggiate, offese e sottoposte a vere e proprie lapidazioni verbali sull’aspetto fisico – incluse le parti intime. Se una commessa o un’impiegata viene chiamata troia da un cliente, ha il diritto di denunciarlo. Nella prostituzione e nella pornografia, invece, l’insulto misogino è visto come qualcosa di eccitante. Eccitante per un maschio incapace di vedere la donna come un essere umano pari a lui, con impulsi e pulsioni, visto che la considera un buco in cui masturbarsi, da degradare e disprezzare.

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